la paura del beduino

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 Sono le dune mobili sospinte dai venti dominanti. Il mare quieto del deserto dipinto di incerte sfumature di rosa e di avorio attraversato da meravigliose increspature simmetriche e variegate. Mari di dune a perdita d’occhio.
Nulla temono di più i beduini che la tempesta di quella sabbia.
Neanche le calde giornate sotto il sole rovente
Neanche la groppa del cammello in quelle interminabili giornate
O la sella del sauro
Né l’oasi irraggiungibile o il suo miraggio
Né il silenzio né la solitudine
Né smarrire la carovana
Né la sete o la fame o il desiderio
Nulla fa più paura a un beduino che una tempesta di sabbia nel deserto. Nulla a questo mondo.
Dell’altro sa quello che gli hanno raccontato.
Di questo conosce il rumore del vento ne intuisce gli umori. Sa che la sabbia del deserto è sottile come polvere infida e refrattaria. Il vento se ne impossessa e ne fa tempesta. Sottilissimi granelli impazziti s’infileranno nei fori delle orecchie e lo faranno sordo. Graffieranno i suoi occhi e lo faranno cieco, s’insinueranno nelle sue narici e lo faranno insensibile ai profumi ed alle droghe, fustigheranno la sua pelle fino a scoprire i nervi e renderlo folle, seccheranno le sue labbra e lo renderanno muto e, attraverso le labbra, s’impadroniranno dei suoi polmoni e del suo respiro  aggrediranno le sue viscere, fino ad ucciderlo. 
Cambia il paesaggio, le dune mutano di forma, colore, contorni e posizione. Cambiano i punti di riferimento. Cambia la posizione dell’orizzonte. Si può perdere la ragione in queste condizioni.Lo sanno anche i piccoli animali del deserto che, quando sentono la tempesta arrivare corrono a cercare un pezzo di roccia sotto cui ripararsi. I beduini sentono la tempesta arrivare molto prima di vederla. La annusano nell’aria, la cercano nel disegno delle nuvole. Sanno che quando arriverà sarà meglio trovarsi con le spalle alla roccia, sanno che quando arriverà sarà meglio non essere impreparati. Srotolano lo shesh dal capo e lo avvolgono attorno al viso.
Coprono gli occhi, il naso e la bocca con il desiderio di proteggersi.Si fasciano mani e gambe con le lunghe  fasce di seta e cotone colorato.Il lino si fa attraversare dall’aria ma non dalla sabbia. Attraverso il lino potrebbero guardare, se tenessero gli occhi aperti. Ma preferiscono tenerli chiusi e non vedere la massa di polvere impazzita che la tempesta porta con sé. Preferiscono ascoltare il vento ma soprattutto il cuore e restare sorpresi quando la tempesta passata lascerà loro il nuovo paesaggio in dono. Si ripiegano su se stessi e quando la tempesta arriva, si fanno attraversare dal vento, tenendo le spalle alla roccia e il cuore nel petto. La polvere aumenta e il deserto sbiadisce, confonde i colori, gli odori svaniscono e anche le stelle. C’è solo il rumore del vento e la sabbia sbattuta sibila feroce,  arriva con la notte e li attraversa e li sconvolge come sconvolge il mare di dune, cambia i contorni e le opinioni a secondo della direzione e della velocità  e non lascia niente al suo posto, tranne le rocce alle spalle dei beduini. Resistere imperterriti, imperturbabili ad una tempesta di sabbia è un’impresa ardua, uscirne indenni è impossibile. Ogni beduino che abbia attraversato il deserto prima o poi lo impara e prima o poi capisce la differenza tra se stesso e un tumbleweed sbattuto dal vento.
Lo racconta il vento…
Lo racconta il cuore….

  • vademecum

    …nel deserto a un uomo servono più nomi, più versioni della sua identità. erri de luca e disse